venerdì 5 settembre 2014

Una soluzione interessante per il problema dei profughi palestinesi


«I palestinesi non perdono mai occasione per perdere un'occasione». Il vecchio adagio è sempre tristemente ricorrente; e trova nuova drammatica concretizzazione in questi giorni, quando si è profilata finalmente una soluzione all'annosa questione dei profughi palestinesi. Originariamente in 5-600 mila, gli arabi che lasciarono nel 1948 il neonato stato ebraico, persuasi dalle nazioni belligeranti vicine, sono diventati oggi 5-6 milioni, secondo una deplorevole politica che non ha mai inteso ricollocare questi disperati negli stati dove hanno trovato ospitalità.
Ci furono decine di milioni di profughi in Europa, e tutti vennero reinsediati: i polacchi accettarono i polacchi, i tedeschi accettarono i tedeschi. Nel ’47, con la divisione dell’India, ci furono milioni e milioni di profughi: i musulmani furono condotti dall’India al Pakistan, gli Indù dal Pakistan all’India. Vennero tutti reinsediati. I palestinesi in vita nel 1948 sono diventati oggi non più di 30 mila; i discendenti sarebbero stati cittadini egiziani, o siriani, o libanesi, o iraqeni. Sono rimasti arma demografica nelle mani dei satrapi mediorientali, e materia prima per l'agenzia ONU appositamente creata.
L'Egitto di al Sisi ha fatto pervenire all'ANP una proposta rivoluzionaria: collocare i sedicenti discendenti dei profughi palestinesi del 1948 in un'area del Sinai a sud-ovest della Striscia di Gaza, della quale peraltro l'ANP si appresterebbe a riconquistare la sovranità amministrativa. Si tratta di un'area di circa 1600 chilometri quadrati, grande pertanto oltre 4 volte la Striscia di Gaza. Non si può negare come il Sinai sia tutt'altro che pienamente ospitale; ma se è vera come è vera l'opera di rivitalizzazione dei deserti ad opera dei pionieri sionisti, e se si crede - come si deve credere - che una soluzione definitiva alla questione dei profughi troverebbe l'appoggio e la collaborazione incondizionate di tutto il mondo; la proposta egiziana suona dirompente. Non foss'altro che per il fatto di rimuovere una delle condizioni per cui i palestinesi non hanno mai inteso concludere accordi di pace con gli israeliani.
Non sappiamo di quale livello di legittimazione gode questa proposta ai vertici della repubblica d'Egitto; sappiamo però quale sia stata la risposta di Abu Mazen: soluzione rispedita al mittente, senza manco curarsi di verificarne autenticità e fattibilità. La questione israelo-palestinese abbisogna di soluzioni creative. La suddivisione del West Bank in tre aree (di cui una correntemente sotto la piena giurisdizione israeliana), accettata e sottoscritta dall'OLP nel 1993, riflette la complessità demografica dell'area. È irrealistico proporre di immettere un numero così spropositato di arabi in Israele: decreterebbe la morte dello stato ebraico. È ragionevole provare ad immaginare uno stato palestinese che si sviluppi "ad U", partendo dalla Striscia di Gaza, penetrando nel Sinai, e connettendosi a buona parte del West Bank tramite una lingua di terra certamente più praticabile della strada immaginata da Ehud Barak nel 2000.
Ma quando Abu Mazen respinge sdegnato una simile bozza di soluzione, quando propone ostinatamente una soluzione che annienterebbe Israele, quando precisa che i 5 milioni di rifugiati palestinesi mai e poi mai saranno cittadini del futuro stato di Palestina; sorge il sospetto che non già ad una soluzione di "due stati per due popoli" stia lavorando la dirigenza palestinese, quanto ad uno stato da distruggere, e per l'altro, poi, si vedrà.

H/t: Elder of Ziyon.

2 commenti:

  1. Certo che il cosiddetto governo egiziano è sempre più vergognoso. Molto peggio di quanto pensassi.

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  2. Già.
    Trova legittimazione in un'elezione regolare, e rinuncia spontaneamente a porzioni di territorio.
    Solo gli israeliani sono altrettanto stupidi.

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